L'uva sotto spirito pag... 1 2 3
Discutevamo con mia sorella del comportamento dei ragazzi d'oggi in discoteca,
che spesso esagerano, ed è riaffiorata nella sua mente questa storia.
Mentre faceva la proibizionista ed io il moralista, esclamò:
“Cazzu! Cunti propriu tia ca già a sei anni facivi te toi! Tai riscurdatu ci hai
fattu quannu eri vagnone? Piccinneddhru ca tisu no rrivavi mancu allu taulu!”
(Caspiterina! Parli proprio tu che già a sei anni ne combinavi di cotte e di crude!
Ti sei dimenticato cos'hai fatto da bambino? Piccolino che in piedi non arrivavi
neanche al tavolo!)
Ed io: “Ma ci te tice ddhra capu? Te cunta!”
(Ma cosa ti dice quella testa? Ti parla!)
“Haa! Perché l’ua sutta spirito? T’hai riscurdata?”
(Haa! Perchè l'uva sotto spirito? L'hai dimenticata?)
Me ricordo, comu no! L’ua sutta spirito!
(Mi ricordo, come no! L'uva sotto spirito!)
Ricordo che la mamma, durante tutta l'estate, preparava un sacco di conserve, sott’olio,
sott’aceto e altro, per l'inverno. "Le provviste per l'inverno" così le chiamava.
Tra queste conserve c'era anche l'uva sotto spirito, acini belli grossi di uva
bianca dolcissima immersi in alcool purissimo.
Nelle fredde mattinate invernali nè metteva uno o al massimo due acini dentro un
bicchierino, che li conteneva a malapena, e un po' di quell'alcool che
era diventato uno sciroppo più dolce del miele.
Ce li faceva gustare tranquillamente e subito dopo ci mandava a scuola.
Quel boccaccio di vetro, a me piccolino, pareva immenso.
Verso primavera il boccaccio si svuotava e rimaneva un liquido ambrato dolcissimo;
e si! Per osmosi, l'acqua è lo zucchero dell'uva escono mischiandosi con l'alcool,
che diventa uno sciroppo morbido, vellutato e dolce;
un vero e proprio nettare alcolico.
Un anno ricordo questo boccaccio, nel quale erano rimasti un paio di acini piccolini,
e questo sciroppo.
Era così da un po’ di tempo tanto che il liquido aveva fatto il segno del livello
sul vetro, e chiesi alla mamma perché fosse lì dimenticato sulla credenzina.
"Mo ci tegniu tiempu aggiu minare u spiritu e pulizzare u buccacciu per l’annu civene."
(Adesso che ho un po' di tempo devo buttare l'alcool e pulire il boccacio per l'anno prossimo.)
Le chiesi se potevo mangiare quei due piccoli acini rimasti.
"Quannu torni ta scola ti piji, cu nu cucchiaru pulitu però."
(Quando torni da scuola li prendi, con un cucchiaio pulito però.)
Rispose lei senza pensarci mentre concentrata sbrigava le faccende domestiche.
All'epoca avrò avuto 6 anni, ed ero alto mezzo soldo di cacio, ma l'intraprendenza
non mi mancava.
Al ritorno da scuola, mentre facevo i compiti, avevo sempre quel boccaccio d’avanti
agli occhi e quei due acini d'uva in testa.
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