Il fantasma della finestra pag... 1 2 3
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Chiusi il portoncino, ispezionai meticolosamente il
vano scala, - ma nell’eventualità fosse un fantasma, cosa voglio
trovare? – Mi chiesi.
Richiusi la porta e controllai che fosse ben
chiusa.
Ripensai alla bussata, era nitida e insistente ma appena feci
rumore nel muovermi terminò, come qualcuno che sentito fosse scappato.
Avevo il cuore in gola e la gola secca con la salivazione azzerata… non
per la paura… per la corsa sulle scale! Ci tengo a precisare.
Per andare
in cucina a bere dovevo attraversare la stanza da pranzo e avevo un po’
di paura a farlo.
Questa stanza, di solito l'attraverso al buio, in
linea retta non ci sono ostacoli e per non allarmare nessuno.
Mentre l’attraversavo in un
atmosfera agghiacciante percepii
un movimento in alto a destra dove c’è un ampio finestrone lucifero.
Una
tromba d’aria molti anni prima aveva divelto gli infissi e la buonanima
di papà, provvisoriamente, aveva messo un’intelaiatura di legno con un
vetro semplice.
Non c’è cosa più definitiva di quelle provvisorie, e così
era rimasto.
Non avevo il coraggio di alzare la testa per guardare,
fermo paralizzato con il cuore che batteva all’impazzata.
Se ci fosse
stato qualcuno, su quel finestrone, sarebbe stato già in casa; e lassù non ci
poteva mica essere qualcuno che dicesse “cortesemente, posso entrare!”
Porto gli occhiali da quando ero piccolo, e l’unico movimento che
riuscii a fare in qell'attimo fu alzare gli occhi e guardare sopra le lenti degli
occhiali.
Mi mancano 3 diottrie, e da sopra le lenti vidi una macchia
grigia.
“Straminchiona!” Mi sembrò che questa macchia grigia si girasse
e spuntarono due fanali brillanti.
Impietrito, con il cuore che ormai
non batteva più, guardavo quelli che secondo me erano due occhi che mi
fissavano.
Il fantasma, lo spettro o quello che era, si era
materializzato dietro quel vetro.
Mentre io raccomandavo la mia anima
all’Eterno, lui era tranquillo come se nulla fosse e... ad un certo punto... bum
bum bum bum bum.
Mi passò davanti agli occhi tutta la mia vita, il
terrore mi gelò il sangue, le gambe non mi reggevano più in
piedi, come si dice: “avevo defecato nelle mutande.”
Avevo nel cervello
quei due fanali brillanti che mi ricordavano qualcosa.
Quella macchia
grigia aveva sollevato… una zampa… messa… nell’orecchio e incominciato a
grattarsi.
Era un gatto che, nel freddo della notte, aveva cercato
riparo sul davanzale, appoggiandosi al vetro tiepido del finestrone.
Nel
grattarsi sbatteva con la zampa e la testa contro il vetro producendo il
bum bum che sembrava il bussare alla porta.
Le due porte vicine avevano
confuso la provenienza del rumore.
Lui lì tranquillo e beato neanche mi
guardava più, e io stecchito per il terrore provato, come la zanzara
nella pubblicità del RAID.
Ho dovuto sedermi e aspettare una mezzoretta
prima di riuscire ad arrivare in cucina, bere e calmarmi.
Ancora
oggi, mentre scrivo, non riesco a trattenere il riso.
Cosa vi dicevo: “I fantasmi non esistono!“
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