No! Non voglio fare pomeriggio! Non posso andare a letto! Io… Io ho un
sacco di cose da fare, cosa credi! Gli amici mi stanno aspettando sotto la pensilina
della casa di....
Questo urlavo in faccia alla nonna all’età di 5 o 6 anni.
La nonna, anziana vedova, viveva con la figlia nubile e l’estate si
trasferiva al mare, portando i nipoti al seguito.
La casa era nella periferia della marina, più campagna che mare,
tanto che la strada non asfaltata finiva lì, dopo solo campagna, vigneto.
Negli assolati pomeriggi estivi, subito dopo pranzo, quando il sole, alto nel cielo
azzurro senza l'ombra di una nuvola, sbiadisce tutti i colori e fa vedere tutto in
bianco e grigio, si sospendono tutte le attività.
Qui nel Salento è abitudine fare il riposino pomeridiano.
Il caldo e l'umidità sono veramente opprimenti e asfissianti. Il sole
picchia veramente ed è umanamente impossibile svolgere qualsiasi attività.
In quelle ore, l'ambiente assomiglia ad uno di quei paesi fantasma dei films western alla
Sergio Leone, dove il sole e il silenzio la fanno da padrone, ed i vortici di vento sollevano
un pò di tufo dalla strada non asfaltata.
Il silenzio è assordante, più forte del continuo frinire delle cicale di sottofondo.
Per un moccioso di quell’età non è certo salutare, nel primo pomeriggio,
andare in giro a correre e saltare o giocare al pallone.
“Quello che fanno gli altri non mi
interessa!” Esclamava la nonna, “tu adesso vieni a coricarti.”
I cugini e i compagni, tutti più grandi, ormai avevano capito il modo per non farlo;
facevano finta di coricarsi e quando la nonna o i loro genitori incominciavano a
russare.... sgusciavano fuori come delle anguille.
Si riunivano sotto la pensilina della casa di un vicino, unico e solo pezzettino di posto
ombreggiato e ancora fresco, a quell'ora nelle vicinanze.
Io invece andavo a letto e mi addormentavo, quando mi svegliavo.... ero solo, senza compagnia.
Per giocare dovevo aspettare che tornasse qualcuno dal mare, oppure dovevo sperare che
qualche adulto mi prendesse in carico andando a farsi il bagno.
La Zia soffriva d’asma e non faceva il bagno, neanche la nonna scendeva mai al
mare, e io rimanevo segregato, controllato a vista, seduto al fresco
insieme a loro e a qualche altra vicina anziana che spettegolando facevano uncinetto o maglia.
“Zitto e vatti a coricare” ripeteva più volte la nonna e la Zia, ”non farti
sentire da quello!.. Se ti sente gridare viene a bussare alla porta di
casa e io cosa devo rispondere?.. Chi
è?.. E lui, l’anima tu Romeo… tutti intru saccu meo” tradotto (l’anima
di Romeo, tutti nel sacco mio). “Ti prende, ti mette nel sacco, e ti
porta via”.
“Che venga pure a bussare”, rispondevo io spavaldo e arrogante, “gli
dò un pugno e lo faccio volare.”
“Vatti a coricare con le buone” ribadiva la nonna ed
intanto con una scusa o non vista sgusciava fuori.
Dalla cucina c’era
un’ampia porta che dava in un corridoio esterno, ricavato tra il muro di
recinzione e il muro della casa, coperto alla meglio per avere del
fresco vicino al pozzo, dove si usciva con due gradini a prendere l’acqua
fresca con una vecchia pompa a mano.
La Zia lì aveva ricavato un piccolo lavatoio per i
piatti e generalmente era fuori a lavare.
Lì fuori, la Zia incominciava la sua tiritera ”Focu meo
osci, mo viti ci succede”. (Mamma mia oggi, adesso vedi cosa succede).
Mentre lavava i piatti, lanciava un grido e si precipitava in casa
salendo goffamente i due gradini di corsa.
Fuori, sopra il muro di
recinzione, si vedeva una cosa bianca spuntare e ondeggiare, la mia immaginazione, in quel flash, visualizzava una
grossa testa bianca con delle orecchie a punta come quelle dei cani.
La Zia quasi piangendo “Focu meo, hai visto? E' venuta l’anima tu
Romeo! VATTENE! non ci sono bambini cattivi”.
Urlava contro questo... fantasma... che era subito scomparso, come se
avesse girato l'angolo per portarsi al portoncino d'ingresso.
Io cercavo le gonne della nonna, un pezzo di
donna... forte, coraggiosa, alta quasi due metri, la quale nella vita
aveva affrontato di
tutto, ma.. non c’era!
All’esclamazione “e la nonna?” La Zia ancora
piangendo, battendosi le mani sul petto “Focu meu è fuori, adesso la prende e la mette nel sacco…
esci a vedere!”
“Esci a vedere a chii?” rispondevo io terrorizzato. "Io devo...
devo andarmi
a coricare! Non posso uscire fuori".
Non credevo nei fantasmi, ma… la
paura era vera e forte....
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